Articolo del 1 ottobre 2023

1° OTTOBRE, INIZIAVA LA SCUOLA... TANTO TEMPO FA

Ogni anno quando arriva il mese di ottobre il mio cervello rispolvera nei meandri più nascosti il primo ottobre di quando frequentavo la scuola elementare. Sembra ridicolo ma ancora sento, e sottolineo sento con tutti i sensi, le emozioni di allora. La trepidazione del giorno prima, quando preparavo la cartella. Il primo anno ho viva la preoccupazione per la novità. Ricordo che assieme alla mamma avevamo preparato la cartella marrone chiaro. Era di finta pelle con le due chiusure a scatto, proprio come le cartelle dei professionisti di oggi. Sul retro c’erano le due bretelle. Io ero magrissima e la cartella sporgeva ai lati cosicché guardandomi da dietro si potevano scorgere due gambette magre come due paletti e una testina che sbucava dalla grande cartella.
L’acquisto della cartella era avvenuto nel negozio di scarpe di Turriaco, da Aristide. Avete presente le madeleine di Proust? Ebbene quando dico Aristide immediatamente ricordo il negozietto vicino alla chiesa, appena aperta la porta l’odore intenso del cuoio sovrastava ogni altro, Aristide lungo e allampanato, un po’ gobbo e sempre sorridente, accoglieva i clienti sulla porta a poi si spendeva per farli uscire felici. Felici i clienti e felice lui che aveva fatto il suo dovere. Ero andata ad acquistare la cartella con la mamma e con il nonno, il mio adorato nonno Menego. Forse l’avrebbe pagata lui, non lo so. Aristide era andato nel retrobottega e pi era tornato con tre cartelle, una rossa, bellissima e lucida, una marrone scuro un po’ austera e poi quella media marrone chiaro, con la pelle trattata a tartaruga. La prima domanda che avevo fatto è stata: “ma è pelle di tartaruga?”. La risata dei grandi mi aveva subito rassicurata.
Il mio sguardo di bambina si era subito rivolto alla cartella di vernice rossa, ma senz’altro era molto cara perché la mamma si era subito orientata verso quella che poi ho “scelto” anche io. L’aveva soppesata, guardata bene, aperta e provato tutte le chiusure. Il suo sguardo soddisfatto mi aveva orientato senza bisogno di proferire parola, se lei avesse ritenuto quella cartella adatta a me sarebbe stata quella che avrei scelto. Quando mi era stata posta la fatidica e attesa domanda: “Paola, quale cartella ti piace?” Senza il minimo dubbio avevo indicato proprio lei, la cartella marrone che mi avrebbe accompagnato fino in quarta elementare. Eh, sì, perché in quinta i libri e i quadernoni non ci stavano più e l’ultimo anno delle elementari avevo usato la cartella marrone scuro e un po’ sbucciata che era stata di mio padre. Bruttina e frusta ma per me bellissima, ero molto orgogliosa di usare quella. Anche se non aveva le pretelle e lea tenevo ancorata alla bicicletta con lo spago.
Dopo l’acquisto della cartella, mamma nonno ed io eravamo andati da Capraro, la cartoleria lì vicino per l’acquisto di due quaderni, uno a righe di prima e uno a quadretti. Erano delle regioni d’Italia, quello a righe della Sicilia, giallo vivace e quello a quadretti della Campania, arancione.
Per le penne bisognava aspettare le indicazioni della maestra, l’astuccio invece ce l’avevo già perché me lo aveva passato il cugino che ora era alle medie. Ma la sorpresa non finiva lì perché il nonno, dopo aver confabulato con la signora cartolaia, mi aveva messo in mano una scatola: 24 colori pastello Giotto. Mi veniva di piangere. Era una cosa specialissima, un desiderio che avevo da tanto tempo.
Posso dire cdi non aver dormito quella notte, o di aver dormito poco con continui risvegli. L’ebbrezza del grande inizio, la paura per quello che mi sarebbe capitato, l’ansia perché non parlavo italiano ma solo lo stretto dialetto locale. Tutto questo causava un turbine di emozioni contrastanti.
La mattina non ero riuscita a fare colazione, con grande disappunto della mamma.
Ricordo e risento il battito del cuore che pulsava nel preciso attimo in cui avevo salito i quattro gradini che portavano all’atrio della scuola. Chissà se i bambini di oggi vivono cose simili, mi piacerebbe davvero saperlo. Ma soprattutto se le vivono di prima mano e non come risonanza delle emozioni dei genitori