Articolo del 5 novembre 2023

LA FESTA MASCHERATA NON È HALLOWEEN

Potrei chiamare “note a margine” la riflessione di oggi. A margine di cosa? Della ormai famosa festa di Halloween. Lasciamo stare le considerazioni legate all’importazione di questa festa, al fatto che non si considera quasi più il primo novembre come una festività importante per la cristianità, che il 2 novembre si va distrattamente al camposanto, se si riesce ad andarci, visto e considerato che non è più giornata festiva e novembre è un mese con poco sole alle nostre latitudini, ergo fa buio presto.
Tralasciando tutte queste cose, vorrei soffermarmi solo un attimo sulla proposta che viene fatta ai bambini e alle bambine.
Durante il mese di ottobre i negozi più disparati hanno proposto gadget e travestimenti per far festa. Molti hanno proposto vestiti da streghetta ma anche da principessa e si sono visti bimbi mascherati nei più variopinti modi.
Fermo restando che la gioia del travestimento fa divertire i bambini e che il travestimento viene proposto molto spesso nelle scuole dell’infanzia per una sorta di giochi di ruolo, sarebbe interessante aiutare i bambini e le bambine a conoscere il perché ad Halloween ci si traveste da scheletro e si usano le zucche.
I pipistrelli e le ragnatele poco hanno a che fare con questa festa, fanno parte di un mondo horror rubato ai racconti e alle saghe tipo Harry Potter ma non certo alla tradizione celtica da cui trae origine il collegamento al mondo dei morti.
Ancor prima di importare da oltreoceano la festa di Halloween nei nostri paesi, e mi riferisco a tutta l’area alpina, vi era la tradizione durante la notte dei morti, di lasciare il cibo sul tavolo per questi ultimi e di evocarli in qualche modo con raffigurazioni legate alla caducità del corpo.
I morti erano gli spiriti (non le streghette e i maghi) che potevano vagare nei luoghi dove avevano vissuto i corpi, potevano tornare a verificare come stavano i parenti e potevano andare a salutare figli e nipoti solo durante quella notte.
Una tradizione, quella della festa dei morti che molti paesi latinoamericani ancora portano avanti ma anche in Italia, in Sardegna ad esempio, è molto viva questa tradizione.
Dunque non è un’occasione per travestirsi in qualsiasi modo, ma ha un’intenzione molto precisa che è quella di ricordare una tradizione antichissima.
La zucca con la candela al suo interno, come tutti sanno, è un “regalo” irlandese, una leggenda che veniva raccontata ai bambini per ricordare il patto che Jack O’Lantern aveva fatto con il diavolo. Storie che attraversano i paesi e le tradizioni ma anche qui, ben prima di conoscere questa leggenda che è stata tramandata in tempi recenti, i nostri nonni in Carnia intagliavano una grossa rapa e la mettevano davanti alla porta con una candela al suo interno per tracciare la strada ai morti che ritornavano in quella notte magica. Dopo la rapa, più difficile da coltivare, è arrivata la zucca e in tempi recenti alcune comunità in Carnia hanno ripreso la tradizione del La Not dalis Muars. Muars non sono i morti ma il nome della zucca intagliata, una tradizione che riporta al capodanno celtico che cadeva proprio tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre.
Raccontiamo ai bambini la leggenda del buon Jack O’Lantern, ma proviamo anche a raccontare cose più vicine, che ci appartengono come cultura e tradizione, anche queste piccole cose costruiscono radici.