Articolo del 9 aprile 2023

PASQUA, ODORE D’INCENSO E DI COLOMBA DOLCE

Pasqua, rituali che si rinnovano e ci fanno scandire il tempo. Non so come mai si celebri ancora la Pasqua, ai giorni nostri mi pare che il significato di questa festa sia ancora più labile di quello del Natale. Tiene, non c’è dubbio, tutta la proposta alimentare: uova di cioccolato e colombe.
Che altro? Gite fuori porta, week end lungo e pranzi in agriturismo o l’occasione per fare un po’ di giorni di vacanza approfittando delle vacanze scolastiche.
Se chiediamo a un bambino che cosa si celebra a Pasqua difficilmente ce lo sa dire, indipendentemente dal credo religioso della sua famiglia.
Quando dico Pasqua mi tornano alla mente odori della mia infanzia. Come ci ricorda Proust, il profumo ha la facoltà di riportare immediatamente la mente alla prima volta che l’abbiamo annusato o comunque tiene traccia nella nostra memoria di qualcosa di importante. Anche gli odori si imprimono e fanno parte della nostra storia.
Come dicevo, gli odori della Pasqua per me erano quelli dei giorni precedenti: scorzette di arancio e limone grattugiato, grappa dove veniva fatta ammollare l’uva sultanina, lievito degli impasti e quell’aroma indescrivibile della vigilia quando le pinze e le colombe cuocevano nel forno.
Era un odore dolce che si appiccicava ai vestiti e te lo portavi addosso come una sciarpa morbida. Sapeva di famiglia, di festa, di trepidazione per l’apertura dell’uovo di cioccolato (uno!) che avveniva rigorosamente la domenica mattina al rientro dalla Messa.
I dolci tradizionali venivano preparati il Venerdì Santo e cotti il sabato. Per tutto l’anno non si ripeteva l’esperienza, la colomba si mangiava il giorno di Pasquetta con le uova sode e il salame, la pinza e la potizza 1 la domenica come fine pasto.
Io non conoscevo la pastiera, ad esempio, dolce tipico napoletano. Così come i taralli dolci pugliesi.
Tutte scoperte tardive, ogni regione aveva il suo, oggi la contaminazione è tanta ed è bellissimo poter gustare tutte le prelibatezze praticamente ovunque, grazie alla grande distribuzione.
Tra gli altri odori mi torna alla mente quello dell’incenso delle celebrazioni eucaristiche. Con tutta probabilità in molte altre festività lo si usava ma se penso all’incenso lo associo alla Pasqua. Mi tornano le immagini del sacerdote con tutti i paramenti magicamente avvolto dalla nuvola odorosa. Ricordo le tossicchiate di chi non amava quel fumo profumato, come ero solita chiamarlo io.
Mi piaceva l’atmosfera, probabilmente si sposava bene con il mio mondo magico fatto spesso di nuvole e personaggi particolari. Il celebrante non aveva nulla di normale o umano, era coperto da drappi dorati e faceva oscillare quel vasetto strano da cui usciva il fumo. Una sorta di stregone attorniato da tante persone che parlavano una lingua sconosciuta.
Solo crescendo ha trovato un senso tutto il rituale ma da bambina era un affascinante teatro dove predominava senz’altro il profumo dell’incenso.
Non so perché ho raccontato queste cose, forse per fissare nella memoria qualcosa che è andato scomparendo. Le persone che ricordo non ci sono più, i rituali sono svaniti e l’atmosfera di casa, quella con il fuoco a legna acceso pronto ad accogliere le pinze e colombe fa parte del secolo scorso.
Cerco di mantenere qualcosa delle antiche tradizioni, cucino la pinza nel supermoderno forno ad aria, ma è l’intenzione quella che conta. Non si può ritrovare ciò che è andato, ma si può rinnovare il significato di allora.
Dunque, un augurio di serenità e di tradizione che riporti agli affetti cari per chiunque.

1] La potizza è un dolce fatto con l’impasto della pizza e farcito con noci, uvette ammollate nella grappa, cacao, pane grattugiato, canditi. È parente della gubana e simile al presniz.