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    anno 2025

GUIDE ALPINE, PORTATORI E PORTATRICI NELLE PREALPI CLAUTANE (1874-1915)


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Mario Tomadini, già pompiere di mestiere, scrittore e ricercatore curioso ed escursionista esperto per passione, ha sempre amato correre in montagna e sostenere la propria terra, tradizioni e cultura. È stato Presidente di SOMSI (Storica società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione) di Pordenone ed attualmente consigliere della stessa. Socio CAI dal 1972 e accademico GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) ha scritto molto sulle Prealpi Clautane. È collaboratore di Piancavallo Magazine e ha una rubrica fissa nel Magazine “Esplora &Ama”. Collabora anche con le Dolomiti Bellunesi. Si inizia a leggere questo libro con la curiosità legata a queste figure particolari che erano i portatori e le portatrici. Nell’immaginario moderno abbiamo in mente il portatore tibetano che si carica come un mulo dei bagagli e viveri degli alpinisti viziati che per scommessa vogliono raggiungere le cime più alte. Facciamo fatica a pensare ai portatori di casa nostra, carichi anche essi come muli per accompagnare alpinisti arrivati da lontano, eppure queste figure non solo sono esistite ma hanno dato un lustro particolare a tutta la storia delle ascensioni. Valligiani esperti del loro territorio, conoscevano a menadito ogni anfratto, ogni roccia, ogni prato o bosco. Era normale per gli abitanti della montagna spingersi in su, vuoi per seguire le greggi o le vacche al pascolo, vuoi per cacciare. Come già ricordava Andrea Zannini nel suo bel libro “Controstoria dell’alpinismo”, la montagna era conosciuta ed esplorata innanzitutto dagli abitanti delle valli, dai villici come volgarmente gli alpinisti di inizio secolo li chiamavano. Nel suo lavoro, Tomadini ripercorre innanzitutto la nascita della sezione CAI di Tolmezzo, avvenuta nel 1874 e quella della SAF (Società Alpina Friulana) di Udine nel 1881, costola staccata della prima tolmezzina. Si incontrano così i nomi autorevoli dell’alpinismo dell’epoca, studiosi e ricercatori interessati alle cime per scopi scientifici: conoscere le altitudini, la formazione geologica delle rocce, la botanica. Si incontrano Marinelli, Ferucci, Zanutti, Cozzi e tanti altri. Tomadini, dopo lunghissima ricerca negli archivi della SAF e non solo, ha stilato una sorta di Diario di montagna a partire dalle prime ascensioni in quelle che all’epoca si chiamavano Dolomiti Clautane, oggi ribattezzate Dolomiti Friulane. Il vero interesse però arriva con l’incontro di guide alpine, portatori e portatrici, veri protagonisti della ricerca. Tomadini racconta vari aneddoti recuperati dai taccuini e diari degli alpinisti, così si scopre che la viabilità della zona clautana era pessima, le osterie regalavano ristoro e la caratteristica di alcune ostesse uno spasso per il lettore odierno. Nasceva in quel periodo il fenomeno delle guide, ricercatissime perché estremamente esperte del territorio ma anche rifiutate da alcuni. Si scopre infatti che alcuni alpinisti come Zanutti, Cozzi, Glanvell, Saar non si servivano delle guide, anzi avevano creato un gruppo “alpinisti senza guide” perché ritenevano che queste ultime, pur conoscendo il territorio non erano sufficientemente colte da poter illustrare le caratteristiche geomorfologiche o botaniche dei luoghi. Le guide avevano un loro tariffario giornaliero e possedevano un patentino emesso dalla sede centrale della SAF di Udine. Le tariffe non erano molto alte se paragonate a quelle dei colleghi cadorini e di questo si trova documentazione nel libro. Parlando di guide e portatori Tomadini riporta moltissime cronache di ascesa, con le dovute tappe nei punti di ristoro sia in quota, i capanni e casere che a valle. Ritroviamo così il fatidico Albergo Ancora e Alla Rosa di Forni di Sopra, il Flaiban Pacherini e i bivacchi in quota, le casere e i rifugi. Gustose sono le narrazioni legate alle pulci trovate nei materassi o altre avventure esilaranti che accadevano ai salitori. Molte guide erano ritenute veri camosci, come Alessandro Giordani o Luigi Carlo Giordani, le cui vicissitudini sono davvero strepitose, oppure il richiestissimo Giovan Battista De Santa di Forni di Sopra, forse il più noto. Aveva una conoscenza del territorio unica ed era molto richiesto da alpinisti anche d’Oltralpe. Arrivando ai portatori e portatrici, la particolarità forse non nota al grande pubblico è data proprio dal gran numero di pulzelle. Ragazze forti, con enormi gerle sulle spalle che con gaiezza accompagnavano cantando i salitori. Vengono riportati vari aneddoti, uno in particolare val la pena di menzionare e riguarda la portatrice di nome Teresa, una ragazza giovane e forte, sempre allegra che era in grado di portare carichi immensi nelle sue gerle. Gli alpinisti rimanevano esterrefatti di fronte a tanta grinta, gioia e spensieratezza ma soprattutto capacità di resistenza alla fatica. Sono racconti di altri tempi, la ricerca si ferma infatti con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914. L’importanza di questo testo è varia, da un lato la conoscenza del territorio montano data da tutti i diari e i quaderni di chi saliva all’epoca, una conoscenza che non si riferiva solo alle creste salite, alla composizione geologica, alla botanica; ma spaziava raccontando la viabilità, la condizione sociale, l’economia della Valcellina e Vajont, gli usi e costumi, i locali pubblici come locande e osterie. Uno spaccato di vita montana utile a tutti, per conoscere la montagna e imparare a rispettarla. Conoscere le genti che l’hanno abitata, vedere i grossi sacrifici che la vita in quota ha sempre richiesto potrebbe essere utile all’oggi, in particolare a chi vive la montagna come rinnovato parco giochi, non tenendo conto della sua caratteristica e singolarità. Il grosso lavoro di ricerca, durato più di quattro anni, ha regalato un testo che si legge come fosse un romanzo, corredato da bellissime foto e immagini che fanno apprezzare ancora di più i contenuti. Un grazie a Mario per questo impegno e fatica e un arrivederci sulle Clautane, bellissime e selvatiche quel tanto che basta per inchinarsi alla loro magnificenza.